di Danilo GALDINO

Storie… ci sono storie che raccontano fatti realmente accaduti, altre che sono frutto dell’immaginazione e le fantasie, quelle che fanno addormentare dolcemente e quelle che danno vita a incubi ricorrenti che generano ansia, sconforto e paura. Ad ognuno la sua storia, ad ognuno il suo destino. La storia di oggi, è un racconto di intrecci continui tra passato e presente, di cambiamenti e stravolgimenti, di stelle d’argento, di promesse mai mantenute, di figuracce e proclami boriosi, di sconfitte incancellabili e coppe ‘n faccia. La storia di oggi si chiama “BEFFARDA COPPA ITALIA”. La Coppa Italia è stata da sempre una competizione molto affascinante per vari motivi: è il titolo che rispetto al campionato di serie A, coinvolgeva e permetteva a tutte le squadre italiane professioniste. È dopo lo scudetto il trofeo nazionale più prestigioso che consente di avere una coccarda tricolore sul petto. Rispetto a un lungo campionato a 16, 18, 20 squadre, dà l’opportunità di confrontarsi testa a testa per 90 o 180 minuti a qualsiasi formazione, azzerando pronostici e disparità economiche, di blasone e mediatiche. Questa competizione un tempo permetteva alla vincitrice di partecipare al prestigioso trofeo europeo chiamato Coppa Coppe e rappresentare il proprio paese d’appartenenza in tutta Europa. Rispetto al campionato, la storia della Coppa Italia è molto più avvincente e ricca di inaspettati colpi di scena. Grazie alla formula ed il regolamento, si sono scritte storie incredibili: piccole cenerentole hanno rubato il proscenio a tutte le altre formazioni. La differenza reti ed i goal dal doppio valore in trasferta hanno stravolto gli schemi e cambiato il volto di ogni singola partita. I tempi supplementari e la lotteria finale dei calci di rigore, hanno esaltato i match con incredibili scariche adrenaliniche. Ad ognuno la sua storia, ad ognuno la sua Coppa Italia. Nella Capitale la Coppa Nazionale, viene vista in modo diametralmente opposta dalle due squadre della città: per noi Laziali vale tantissimo da sempre per mille e più significati. Ha regalato notti magiche ed il solo ricordo di questa manifestazione fa comparire un piacevole sorriso sul volto di ogni Laziale. Per gli altri, questa manifestazione si è trasformata nel corso del tempo da situazione piacevole a incubo ricorrente. La Coppa Italia è il nostro primo titolo arrivato dopo 58 anni di storia, è stato l’unico vinto per ben 74 anni. La vittoria della seconda Coppa Italia nel 1998 ha segnato il cambiamento epocale del nostro club, dando il via a una serie incredibile di vittorie in campo nazionale ed internazionale. A questo trofeo sono legati momenti strepitosi che hanno segnato in positivo la vita di ogni appartenente al popolo biancoceleste: rimonte romanzesche come quella con il Milan nel 1998, vittorie schiaccianti con teste decolorate e tricolori a suggellare uno strapotere impareggiabile, vittorie conquistate sull’orlo del fallimento contro i più forti, vittorie arrivate dopo interminabili calci di rigore, vittorie che lasciano segni e cicatrici permanenti sul volto degli eterni sconfitti… La storia della Coppa Italia, per gli altri, è completamente diversa. Per decenni questo trofeo era detto l’unica via percorribile per festeggiare e “sentirsi importanti anche se non si conta niente…”, una lunga serie di vittorie che aveva portato la squadra giallorossa in cima alla vetta dell’albo d’oro della competizione, poi di colpo tutto è cambiato… In base al periodo più o meno frustrante questo trofeo si trasformava in “portaombrelli” o in una fantasiosa “stella d’argento”. Quando c’era da mitigare la delusione di sconfitte cocenti e delle vittorie altrui, perdeva improvvisamente di valore e considerazione, per poi tornare ad essere un traguardo importante e prestigioso, quando era rimasta l’unica via percorribile, per salvare l’ennesima stagione vissuta da spettatori delle vittorie altrui. Maledetta Coppa Italia… una stilettata continua al cuore, una fastidiosa spina nel fianco che puntualmente regala momenti mortificanti e deludenti. Un decennio di nulla cosmico a livello di vittorie, mascherato in ogni modo da una comunicazione di regime. Una sfilza di finali perse sempre in casa, dove quei pochi tifosi che restavano presenti sugli spalti dopo il triplice fischio dell’arbitro, erano costretti a vedere l’avversario di turno festeggiare che gli alzava la coppa vinta in faccia. Una storia che anno dopo anno, si è trasformata in un vero psicodramma sportivo, con intrecci incredibili e continui richiami al passato più doloroso. Al peggio non c’è mai fine, avranno pensato i tanti tifosi giallorossi in quel 16 dicembre del 2015. Dopo la sconfitta casalinga patita con la cenerentola Spezia, nessuno poteva immaginare che si ripetesse qualcosa di eclatante e clamoroso. Nella nuova formula della manifestazione, le squadre meglio piazzate la stagione precedente, iniziavano direttamente dagli ottavi di finale. A far visita ai giallorossi il Torino che pochi giorni prima ingiustamente batteva la Lazio sempre allo stadio Olimpico. Un Torino pieno zeppo di ex giallorossi e biancocelesti, un Toro che 37 anni fa, veniva battuto in finale e che qualche anno dopo si vendicò con una rocambolesca doppia finale. Un Toro utilizzato per schernire i tifosi Laziali negli ultimi 11 giorni. Un Toro che in 94 minuti riapre prepotentemente lo scrigno degli incubi di questa competizione. Un tifoso Laziale beffardamente apre le danze ed il fratello di un altro Laziale che neanche 8 mesi fa vinceva il doppio derby di semifinale, in porta a parare tutto. In panchina un altro grande Laziale a festeggiare una bella vittoria. Che strazio, in questa maledetta Coppa Italia giallorossa c’è sempre un po’ di Lazio… Dici Coppa Italia e senti una fitta al cuore… Pensi alla Coppa Italia e torna subito alla mente la mia eterna vittoria… Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!!!

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